In occasione delle festività Iacobee il vescovo Tardelli promulgherà il Libro sinodale

Dopo quasi tre anni si chiude l’esperienza del Sinodo Diocesano. Tra dubbi, attese e scetticismo è il momento di fare una prima analisi di questa proposta che, in ogni modo, ha messo in moto una vera discussione su ciò che è e che sarà la Chiesa di Pistoia. Eccellenza, con il prossimo 25 luglio si chiude il Sinodo diocesano con la consegna del Libro Sinodalis. Un cammino faticoso che trova radice nell’assemblea sinodale convocata all’inizio del suo percorso episcopale.

In questi anni com’è cambiata la Chiesa di Pistoia?

Direi che in questi 10 anni – perché questo è più o meno il tempo trascorso da quando abbiamo cominciato a parlare dapprima di assemblea sinodale e poi di Sinodo vero e proprio – la società è cambiata notevolmente. La Chiesa, che vive nel tempo, non può non respirare l’aria del cambiamento epocale che si sta verificando. Le nuvole nere non mancano nel mondo. Incertezze e smarrimento sono all’ordine del giorno. Come ansie e solitudini. Ritengo però che il tentativo di camminare insieme dietro al Signore per essere lievito di speranza e di amore, proprio in questa nostra società malata, abbia dato qualche frutto. E proprio la celebrazione del XX° Sinodo diocesano, il primo dopo il Concilio Vaticano secondo, ce li ha fatti intravedere. Pur con tutti i limiti del caso e le carenze che son sempre tante, un popolo si è messo sinceramente in ascolto del Signore come delle attese e dei bisogni delle persone. E lo ha fatto insieme, nell’ascolto e nel confronto reciproco. A me pare una bella acquisizione da parte della nostra Diocesi, di cui ringraziare il Signore, sperando che diventi stile di vita.

Ritiene che la proposta del Sinodo sia stata raccolta a pieno?

Il pieno coinvolgimento di tutto il popolo di Dio non può certo dirsi realizzato. È un obiettivo che ci sta ancora davanti. Però, la proposta del Sinodo è stata accolta da un considerevole numero di persone, particolarmente laici, con gioia e direi anche con entusiasmo. La partecipazione è stata notevole e ha permesso di sperimentare un modo di essere chiesa più fraterno, essenziale, aperto e missionario.

Quali sono stati i momenti per lei più significativi?

Per certi versi sicuramente i “gruppi sinodali” diffusi in tutta la diocesi che hanno coinvolto parecchie persone nelle parrocchie e nelle associazioni ma anche oltre, con l’apertura a mondi non ecclesiali. Questi momenti di ascolto e di confronto di “base” sono stati molto significativi. Poi metterei in evidenza sicuramente gli appuntamenti celebrativi con l’Eucaristia, dove si è manifestata la realtà umana e mistica della Chiesa ed è apparso chiaro dove si andava ad attingere la luce e la forza per camminare. Infine, sottolineerei proprio le assemblee sinodali, nelle quali i sinodali, tutti insieme, hanno saputo individuare le attese del Signore per la chiesa di Pistoia.

Ritiene ci siano state delle difficoltà? E quali?

La difficoltà principale – ma salutare, perché si tratta di un cammino vero di conversione – è stata quella di sentirsi veramente “insieme” come popolo di Dio. Quella poi di imparare ad ascoltare le attese, i bisogni, le gioie e le speranze presenti nel cuore e nella vita delle persone, alzando gli occhi dal guardarsi sempre e solo addosso. Unitamente a questa fatica di imparare ad essere davvero una Chiesa sinodale, direi l’altra difficoltà è stata ed è quella di coinvolgere e far partecipare sempre più persone al cammino.

Il Sinodo diocesano entra nel percorso più ampio del cammino sinodale della Chiesa italiana, crede che questo stile possa davvero essere una “spinta” a uscire tra la gente?

È la speranza. Le occasioni ci sono date con abbondanza. Le prospettive per essere una chiesa viva, fervente nella fede, discepola autentica del Signore e, allo stesso tempo, anzi, proprio per questo, aperta ad accogliere, a servire, ad Ascoltare, a testimoniare nelle strade della vita di tutti, la misericordia di Dio, ci sono. Non ci si può però fermare. Il cammino continua e le sfide occorre ogni giorno riconoscerle e affrontarle.

Michael Cantarella